Sui bus. Nelle cucine dei ristoranti… L’uso delle mascherine facciali dovrebbe essere consigliato (se non imposto) quantomeno per quelle attività e situazioni in cui le persone sono a stretto contatto fisico. Ma anche se non propriamente “stretto”, a distanza ravvicinata, un metro o meno di un metro. Eppure sino a oggi in Svizzera (ma anche altrove) non c’è chiarezza. La mascherina non è imposta. Non è raccomandata. Ma non è nemmeno vietata.
Un gruppo di esperti, una task force che in Svizzera lavora per fornire informazioni proprio sull’utilizzo delle mascherine – si chiama reMask – recentemente, non più tardi dell’ultima settimana di aprile, ha redatto uno studio dettagliato, con riferimenti scientifici e raffronti internazionali, per dire che, così si legge nelle conclusioni dello studio, “di fronte alla pandemia di Covid-19, il rischio-beneficio pende a favore dell’utilizzo di una mascherina. Una mascherina da indossare, unitamente al rispetto dell’igiene personale (quindi la costante pulizia delle mani), ovunque non sia possibile mantenere la cosiddetta distanza fisica o sociale”.
Nelle conclusioni il Consorzio reMask fa un riferimento alla letteratura scientifica in materia: “Anche se nessuno studio ha dimostrato che l’igiene delle mani sia stato ridotto dall’uso della mascherina, concentrarsi solo sull’utilizzo delle mascherine potrebbe ridurre l’importanza percepita della pulizia delle mani. Ebbene, l’utilizzo delle mascherine deve quindi essere messo in pratica unitamente alle misure di igiene e alla distanza fisica. Tutto ciò deve essere comunicato come parte di un ‘pacchetto’ ampio e coerente di misure preventive per l’intera comunità”.
Dunque sono queste le conclusioni della task force creata a livello federale appositamente per studiare la funzione e l’utilità delle mascherine. Nonostante ciò non sembra esserci ancora coerenza nelle informazioni che giungono ai cittadini. O quantomeno la comunicazione è parziale e talvolta contradditoria tanto da creare confusione.
Sui bus i conducenti la indossano. Per i viaggiatori non è obbligatoria. Si è letto che potrebbero addirittura essere messe in vendita per i viaggiatori. Per quanto riguarda i ristoranti ancora informazioni dettagliate e trasparenti non se ne sono lette.
Torniamo allo studio del Consorzio reMask. Parte da una premessa: “La diffusione delle infezioni virali respiratorie avviene per contatto o attraverso delle goccioline. Nuove prove suggeriscono che la sindrome respiratoria acuta grave coronavirus2, può restare viva e infettiva negli aerosol, in particolare nelle procedure che generano aerosol. L’uso delle maschere facciali è dunque un adeguato dispositivo di protezione individuale per la prevenzione delle infezioni respiratorie e fa parte sia delle misure precauzionali. Chiunque sia a stretto contatto (un metro o due) con una persona che ha sintomi respiratoria (tosse, starnuti) rischia di essere esposto a goccioline potenzialmente infettive. La maschera può proteggere dalle goccioline ma può anche controllare la diffusione di queste ultime. Cioè dal ‘portatore’ alle persone vicine”.
Esistono per questa ragione, si legge nello studio di reMask, vari tipi di mascherine. Le Ffp, sono dispositivi di protezione individuale. “Nell’attuale situazione di fornitura limitata devono essere strettamente riservate agli operatori sanitari direttamente esposti agli aerosol”.
Ci sono poi le mascherine chirurgiche, sono di tre tipi e solo uno di questi protegge dagli spruzzi.
Infine ci sono quelle che reMask definische mascherine “comunitarie”. Sono quelle che possono essere utilizzate dai cittadini in genere per proteggere gli altri dalle proprie emissioni. “Sono in corso studi per stabilire qual è il tessuto, il design migliore, perché non tutti i materiali sono adatti. Per esempio il tessuto è in discussione”.
Alcuni test, così si approfondisce nello studio, hanno dimostrato che le mascherine chirurgiche potrebbero ridurre da sei a dieci volte l’esposizione al virus dell’influenza infettiva presenti nei bioaerosol. Tuttavia alcuni risultati effettuati (non in laboratorio) hanno dimostrato che le mascherine chirurgiche attenuano mediamente di circa due volte l’esposizione.
Fonte: Il Caffè